E'...un'estate brasileira, Samba...Choro... e Capoeira (tanto per fare la rima eh, perchè la Capoeira in realtà non è il nostro forte).
Siamo di nuovo in cammino, stavolta è un ritorno dato che il Brasile è il nostro "posto del cuore" e in particolare la città di Rio de Janeiro la sentiamo ormai davvero, dopo tanti soggiorni, come la nostra "casa" in America Latina.
Avanti, dunque. Imbarchiamoci da Torino Caselle per Francoforte, e di lì, a sera, su un formoso jet per attraversare l'Atlantico. Domattina ci sveglieremo nella Cidade Maravilhosa e magari faremo colazione con le fragranti palline di pão de quejio (pane al formaggio). Non ne vediamo l'ora!!!
"Aperte o cinto, vamos chegar
Água brilhando, olha a pista chegando
E vamos nós aterrar" (Samba do avião, A.C. Jobim)
Eccoci atterrati all'aeroporto internazionale di Rio, sigla aeronautica GIG. E' situato su un'isola, l'Ilha do Governador, lato occidentale della Baia di Guanabara, collegata alla terraferma da un ponte. Per l'esattezza, l'aeroporto occupa un'area chiamata "Galeão" (Galeone) proprio perchè nel XVII secolo lì fu costruita un' imponente imbarcazione chiamata "Galeão Padre Eterno", all'epoca pare il più grande del mondo (lo dice Wikipedia citando una notizia apparsa su un giornale del 1665).
L'aeroporto Galeão è stato successivamente intitolato ad Antonio Carlos "Tom" Jobim, maestro sovrano della Bossa Nova, orgoglio della musica brasiliana. Ah, per inciso, Tom Jobim non amava volare...
Terminati i controlli d'ingresso (immigrazione e dogana) percorriamo i lunghi corridoi tappezzati di pannelli luminosi. Un primo abbraccio di Rio, un po' artificiale ma già così coinvolgente.
Ci dirigiamo all'uscita con la decisa camminata di due che sanno bene dove andare: a prendere il bus navetta che collega l'aeroporto internazionale e il suo omologo nazionale, il "Santos Dumont", che a sua volta si trova proprio a due minuti a piedi dal nostro hotel abituale. Ve l'abbiamo già detto, no? A Rio siamo "di casa".
Camminare decisi è importante: nessuno ti ferma per offrirti taxi, nessuno ti individua come turista sprovveduto e smarrito, facile preda da turlupinare o peggio rapinare.
Sono le 6:15 e il bus percorre le strade di periferia, fino a raggiungere una Rio de Janeiro ancora semideserta. Qui è inverno, anche se pur sempre un inverno tropicale.
Riconoscere lontano la statua del Cristo Redentore, in cima al Corcovado, attraverso i vetri un po'offuscati dai riflessi è assaporare la certezza di essere davvero arrivati. Un po' come quando noi torinesi tornando da un lungo viaggio vediamo la collina con la sagoma della basilica di Superga.
E' sempre emozionante guardare scorrere frame di luoghi noti. E purtroppo riconoscere anche problemi noti, come quello dei "moradores de rua", la città parallela di invisibili che dormono ai lati delle strade, sotto i portici, contro le serrande chiuse, o al riparo offerto dalla pensilina di una fermata di autobus.