"Paisagem super tropical
Faz sucesso num postal
Diz a foto que o morro do pão-de-acúcar
é um eterno carnaval"...
...recita così la prima strofa di una nota canzone di Erasmo Carlos, che si chiamava in realtà Erasmo Esteves e l'aveva composta in società con il più noto Roberto Carlos. Un paesaggio super tropicale, una cartolina di sicuro successo, si deve vedere da lassù! E noi fra poco vi ci porteremo. Dopo aver percorso il quartiere "Urca", dal sapore antico ed elegante, eccoci in Praça Tibùrcio. Un'occhiata al monumento a Chopin, e subito ci dirigiamo alla stazione di partenza delle funivie. Seguiteci!
Faz sucesso num postal
Diz a foto que o morro do pão-de-acúcar
é um eterno carnaval"...
...recita così la prima strofa di una nota canzone di Erasmo Carlos, che si chiamava in realtà Erasmo Esteves e l'aveva composta in società con il più noto Roberto Carlos. Un paesaggio super tropicale, una cartolina di sicuro successo, si deve vedere da lassù! E noi fra poco vi ci porteremo. Dopo aver percorso il quartiere "Urca", dal sapore antico ed elegante, eccoci in Praça Tibùrcio. Un'occhiata al monumento a Chopin, e subito ci dirigiamo alla stazione di partenza delle funivie. Seguiteci!
All'ingresso della stazione, da dove comincerà la nostra salita incombe la parete liscia a strapiombo di uno dei "morros", le conformazioni rocciose che caratterizzano Rio de Janeiro conferendo alla sua baia una silhouette spettacolare.
Turisti ce ne sono, ma non troppi, per fortuna. Ora qui è bassa stagione, praticamente il nostro autunno-inverno. Avevamo tentato di salire al Pan di Zucchero in un viaggio precedente, un dicembre, la loro estate. E avevamo rinunciato: la coda di gente in attesa di prendere il biglietto e accedere alla funivia era davvero esagerata. Oggi invece la situazione è ideale. E da qui già possiamo vedere l'arrivo alla prima stazione. Sì, perchè il viaggio si farà in due "campate", attraccando prima sulla cima diun "morro" intermedio. Entriamo, dunque!
Che emozione! Stiamo per galleggiare nel vuoto della prima campata, agganciati ai robusti cavi d'acciaio della funivia (di marca altoatesina!). Con l'aiuto del teleobiettivo pare già essere arrivati in cima!
Ora che ondeggiamo su Rio, lo sguardo dal vetro della cabina intercetta il Corcovado: il cuore batte a mille ammirando il Cristo con le braccia aperte a protezione della città sottostante. Siamo dentro alla cartolina più bella del mondo!!! Almeno, per noi.
La prima tratta ci sbarca al "Morro di Urca", primo punto panoramico (poco più di 200 metri di altitudine) dal quale accedere alla seconda stazione, anzi la terza se si conta anche la stazione di partenza. Evvai con la seconda tratta di funivia...o di "bonde", come lo chiamano in Brasile, per arrivare a quota 397 metri, la cima vera e propria del Pão de Açucar. Seguiamo le frecce segnaletiche...
...E mettiamoci in coda!
Anche da qui, sbirciatina pre-imbarco, dai punti di attracco delle cabine. Pare di essere a prua di un'aeronave di quelle che sicuramente avrà immaginato Jules Verne...e che panorama si intravede già!
Il sole sta per tramontare sulla "Città Meravigliosa", e i turisti si accalcano verso il Corcovado per scattare "selfies" con tutta la sua bellezza come sfondo. Anche questo è uno spettacolo a suo modo impressionante...
Il sole ormai è tramontato, regalandoci una Copacabana tutta rosa e una silhouette del Corcovado impreziosito dal ciclopico Cristo Redentore, che sembra ritagliata nel cartoncino nero del teatro delle ombre. Dalle creste circostanti, antenne e ripetitori molto meno spirituali si stagliano contro l'oro madreperlato del cielo. Ci viene in mente che l'impulso a dare il via alla prima illuminazione della statua fu inviato da Guglielmo Marconi e ritrasmesso fin qui... Era il 12 ottobre del 1931.
A malincuore lasciamo tanta bellezza ed entriamo nella capsula del "bonde". Ripercorriamo, stavolta in discesa, il fantastico itinerario sospesi ai cavi d'acciaio e galleggiando sui tetti e sulle baie di Rio. Ora i contorni delle sue spiagge leggendarie sono punteggiati da mille lucine, così come le pendici che la attorniano e ne fanno cornice. Sono, queste ultime, ricoperte di costruzioni spesso fatiscenti, le cosiddette favelas. Ma di qua, ora che è quasi notte, la povertà non si indovina, coperta com'è da uno scuro tappeto prezioso che brilla e pulsa.