mercoledì 23 luglio 2014

Benvenuti a Panamà!


La cartolina verde che abbiamo ricevuto stamattina dalla finestra della camera dell'hotel era accesa di sole. "Benvenuti a Panamà!"... mancava solo la scritta, di sbieco, fra le palme e il cielo. Non ci voleva altro per farci alzare, carichi di entusiasmo e curiosità, ansiosi di conoscere finalmente lo Stato-cerniera fra due oceani. Prendiamo un taxi per attraversarne la capitale Ciudad de Panamà o, se preferite, Panama City.  Siamo infatti nei pressi dell'aeroporto internazionale e dobbiamo arrivare dalla parte opposta dell'agglomerato urbano, al Mall e terminal bus "Albrook". Sappiamo che da lì partirà il pullman per la regione del Chiriquì, nostra prossima meta. 



Il taxi è una soluzione di viaggio che non amiamo, "artificiale" e non certo economica. Però generalmente è veloce. E noi stamattina abbiamo fretta. Non conosciamo in dettaglio gli orari dei bus e vorremmo partire più presto possibile per non arrivare a David, il capoluogo del Chiriquì, a notte fonda. Una tangenziale percorsa a tutta birra ci regala prime inquadrature.  La capitale  appare incredibilmente moderna e irta di grattacieli come non ce la saremmo mai aspettata. Avevamo sentito dire che è chiamata "la piccola Miami", ma il colpo d'occhio risulta comunque una sorpresa. 



Di Ciudad de Panamà sicuramente avremo occasione di parlare ancora: ci torneremo fra un paio di settimane, dopo aver visitato l'"orto" del Panamà,(il Chiriquì appunto) e poi il Costa Rica.
Durante il viaggio chiediamo al tassista notizie sullo stato dei lavori di raddoppio del mitico Canale. Lui sogghigna, non aspettava che il "La" per raccontare.  Storie di preventivi non rispettati, costi lievitati alle stelle... anzi raddoppiati, imprese ferme o in lite. Naturalmente in prima fila pure un consorzio di imprese italiane, ci tiene a precisare. I lavori sono quindi in ritardo; niente consegna del raddoppio entro questo 2014, l'anno del centenario dell'apertura del "Canal". 



Eccoci finalmente ad "Albrook", il terminal di bus più grande del Panamà, vicino all'omonimo aeroporto già base militare USA. Il taxi ci scarica all'ingresso principale e di colpo ci ritroviamo immersi nel calore afoso del mattino tropicale. 








Strombazzate di clackson, rombo di motori, gente  che viene e va di gran carriera. Alcuni sono carichi di borse della spesa, perchè l'edificio è saldato a un centro commerciale fra i più grandi dell'America Latina, l'Albrook Mall, al quale si accede attraverso una serie di percorsi che partono dal primo piano della stazione. 



Di colpo, piombati nel nodo da cui partono e arrivano i veicoli pubblici che collegano la Capitale al suo interno, e al resto del territorio panamense. Come un grande cuore, la stazione pulsa sospingendo su e giù dai pullman i suoi indaffarati abitanti.



Individuiamo gli sportelli delle biglietterie, lungo l'atrio principale. Sono due, le autolinee che collegano Ciudad de Panamà alla regione del Chiriquì. Cediamo alle lusinghe dell' impiegato del primo sportello e, senza esitare, compriamo i biglietti per un passaggio su un bus che partirà di lì a poco. Ce ne pentiremo fra qualche ora. Ma per adesso, ignari e contenti passiamo la ventina di minuti che ci restano a fotografare. 

Quello che più ci attira sono le coloratissime "chorreras": allegre corriere dalla forma simpatica e tondeggiante. Quelle che  negli Stati Uniti sono verniciate di giallo e usate come scuolabus. Qui, diventano vere e proprie opere di "Street Art", aerografate ed accessoriate come signore a un party di Pop-star. E che rombo quando partono, solenni e un po'sballonzolanti.




Giunge l'ora anche per noi di partire. 450 chilometri, sette ore di viaggio e saremo a David. Il nostro mezzo è un bus più anonimo di quelli appena fotografati. Azzurro, con il tettuccio colorato  e la scritta "Servizio di lusso" che corre lungo la fiancata. Saliamo fiduciosi: arriveremo a David nel tardo pomeriggio. Sarà ancora chiaro e con tutta comodità potremo cercare, nei dintorni,  la località dove si trova il Bed & Breakfast prenotato. 


Il pullman lascia Ciudad de Panamà attraversando il Ponte delle Americhe. Sbirciamo curiosi e con un po' di batticuore quello che ci pare un primo saluto al Canale e alle sue
infrastrutture. E'emozionante, dopo averne fantasticato tanto. Fotografiamo dal vetro quel poco che si può, prima che la strada scorra via sotto le ruote portandoci altrove. Abbiamo attraversato l'Oceano Atlantico per vederti. Ora siamo vicino a te. Torneremo presto, Canal de Panamà! Aspettaci ancora un po'.


Quattro ore di viaggio e ci fermiamo in un autogrill per una boccata d'aria e un panino.













Signoriiii...in carrozza! Si riparte. Ancora tre ore e saremo a David. Forse. 



O forse no.
















Qualcosa nel motore non va. Il bus rallenta, arranca faticosamente. A bordo fa un caldo infernale perchè il condizionatore è staccato o non funziona più. Il pullman rallenta ancora. Si ferma, e l'autista ci fa scendere. Fa un caldo infernale pure fuori, l'asfalto è rovente e il sole picchia forte. Ci sono anche bambini piccoli, fra i passeggeri. La gente però è tranquilla, addirittura rassegnata. 

Qualcuno cerca rifugio sotto le fronde accoglienti di un albero, altri assistono al tentativo dell'autista di capire cosa si è rotto.










Una signora, cellulare appiccicato all'orecchio, cammina su e giù raccontando a gran voce la situazione. Intanto passano auto, passano altri pullman, passano anche mastodontici camion. Si fermano, offrono un passaggio, qualcuno accetta, viene caricato, ripartono. 




La maggioranza dei passeggeri, però, noi compresi, aspetta. Aspetta paziente l'arrivo del bus promesso dall'autista:  un altro bus della stessa ditta. Dovrebbe arrivare da Santiago, la cittadina per quale siamo passati da poco. Questo dice l'autista, e questo dovrebbe essere la cosa più logica. Ma la logica del Latinoamerica, dovremmo ormai averlo imparato, è fatta di attese, di lentezza, di rassegnato fatalismo. Il caldo ci ipnotizza un po, dobbiamo ammetterlo. E anche questa strada rovente è in fondo affascinante. Ma soprattutto, inconfessabile persino a noi stessi,l'idea di essere finalmente in un'avventura. Qualcosa di non pianificato, e per giunta dall'altra parte del Mondo. Qualcosa da raccontare. Ci immaginiamo già bivaccare sotto il cielo stellato del Panamà, seduti in cerchio con i nostri compagni di viaggio. Raccontando storie ai bambini e condividendo  acqua e viveri come in una grande kermesse interculturale favorita del destino...grazie ad un motore che si è fuso.



Ma le cose nella realtà non sono andate così. La Dea Ragione ha prevalso sui sogni. E ha preso la forma di un bus a due piani, lucido, nuovo di zecca, rosso fiammante. Un bus dell'impresa concorrente, quella a cui non avevamo fatto caso quando avevamo acquistato i biglietti al terminal "Albrook". Si è fermato, ha aperto con uno sbuffo elegante la porta, un bigliettaio si è affacciato e ha offerto un passaggio per David: 6 dollari a testa. Ci siamo precipitati a caricare i trolley nella stiva e siamo saliti. Solo noi, però. Gli altri hanno continuato ad aspettare. Forse il bus promesso dall'autista, o qualche familiare partito in soccorso da chissà dove. 
Noi abbiamo finito il viaggio semiassiderati dall'aria condizionata, sprofondati nei sedili, al secondo piano. Il bus è arrivato al terminal di David che era già buio. Stanchi e in allerta per paura di cattivi incontri, non conoscendo ancora il luogo, abbiamo preso un taxi ben riconoscibile e con conducente dall'aspetto rassicurante. 


Ci ha portato al Bed & Breakfast in una decina di minuti, dopo un po' di tentativi andati a vuoto nel buio della notte panamense. Non sappiamo dire se avesse più paura lui o noi. Finalmente, il cancello bianco e la scritta "Bed & Breakfast LITTLE ITALY" ha tolto tutti dall'imbarazzo e da comprensibili reciproci timori.  "Buona notte e...Benvenuti a Panamà!" ci ha detto allora il giovane autista, salutandoci con un sorriso mentre risaliva sul suo taxi giallo. E noi,invece del meeting interculturale immaginato qualche ora fa, abbiamo  chiacchierato in italiano di cose italiane con i simpatici gestori piemontesi del "Little Italy", davanti a un buon caffè caldo fatto con la più italiana delle caffettiere. L'omino Bialetti se la rideva sicuramente sotto i baffi.