Già.
Dove si va per l'aeroporto? Quando siamo arrivati qui due giorni fa, era
notte fonda. Sballottati per più di un'ora in un pullmino-taxi
insieme ad altri otto passeggeri abbiamo percorso un bel po' di
strada tutta curve e spesso in salita. Domattina all'aeroporto
dovremo tornarci: il nostro soggiorno in Ecuador sta per finire e ci
attende fra poco il Panamà,la nuova tappa della nostra avventura. Perciò, vogliamo capire come raggiungere l'aerostazione
con i mezzi pubblici.
Camminando, scopriamo una Quito tranquilla e inondata di sole tiepido. Gli edifici di questo quartiere sono bassi, quasi tutte villette di aspetto "Belle Epoque", con tetti aguzzi molto mitteleuropei ma una tinteggiatura accesa, tutta latinoamericana.
Troviamo
la fermata, compriamo il biglietto (25 centesimi di dollaro a corsa,
0.12 per i passeggeri “over sessanta”). Arriva il bus e...viaaa!
Una ventina di minuti trascorsi pigiati come piace a noi, insieme
alla gente del posto su un mezzo pubblico con snodo, che sobbalza
vigorosamente a ogni imperfezione del manto stradale. Certo più
scomodo di un taxi, ma è solo mescolandosi in un giorno qualsiasi
alla folla degli abitanti di un luogo che lo si comprende appieno.
Ad
esempio, sul nostro autobus viaggia vicino a noi una coppia. Lei,
gonna lunga, camicetta di pizzo, gilè, capelli raccolti a trecce con
fiori e decorazioni varie; lui in completo nero e camicia bianca
ricamata, cappello nero a tesa larga. Un po' come, cappello a parte, i costumi tradizionali della Sardegna. In mano
stringono buste grandi e gialline tipiche dei referti clinici e
delle radiografie. Con molta probabilità gente arrivata a Quito da un
pueblo (villaggio) per ragioni di salute e, si sa, in città si
scende vestiti “da festa”. Che tenerezza, e che invidia, per un
popolo che sa ancora essere orgoglioso delle proprie tradizioni
invece di farle diventare roba buona solo per i musei locali e per
feste e balli a beneficio dei turisti.
Caccia al bus per l'aeroporto, ora! Perlustrazione di paio di banchine senza esito, poi finalmente lo troviamo.
Verde, è lì. In attesa del suo carico di umanità viaggiante per accendere il motore. Sul parabrezza, inequivocabilmente, spicca la destinazione che ci interessa: Aeropuerto Mariscal Sucre.
Ci informiamo sul prezzo del biglietto (solo due dollari a testa), sul percorso e sugli orari di partenza.
Fra ventiquattr'ore, più o meno, saremo di nuovo qui. Rotolando i nostri trolley verso Nord Ovest...per parafrasare la celebre canzone dei Negrita. Che però rotolavano verso Sud.