"Luis de Torres traduce in ebraico le domande di Cristoforo Colombo:
Gli uomini nudi lo guardano a bocca aperta, e l'interprete tenta miglior sorte con l'idioma caldeo, di cui conosce qualcosa:
-Oro? Templi? Palazzi? Re dei re? Oro?
E poi prova con l'arabo, quel poco che sa:
-Giappone? Cina? Oro?
L'interprete si scusa con Colombo nella lingua di castiglia. Colombo impreca in genovese e scaraventa al suolo le lettere credenziali, scritte in latino e dirette al Gran Kahn".
(Eduardo Galeano, Memoria del Fuoco - Le Origini)
Anche noi siamo appena sbarcati nel Nuovo Mondo, e pure a noi interessa l'oro. Così, dedicheremo quest'oggi a esplorare una delle più grandi collezioni di reperti di oreficeria precolombiana del mondo: il Museo dell'Oro di Bogotà.
Il quartiere della Candelaria si rivela, appena scesi dal bus, un impasto di storia e modernità. Percorrendo a piedi l'Avenida Jiménez, la chiesa più antica di Bogotà,dedicata a San Francisco, ci appare in tutta la sua bellezza ma non subito: la facciata elegante fatica a farsi notare, schiacciata com'è dall'adiacente palazzo della Gobernaciòn de Cundinamarca.
Partiamo dunque, alla scoperta dell'oro che tanto bramavano gli europei una volta penetrati nel continente appena scoperto.
Invece, scrive ancora Galeano, "prima di essere convertito in bottino e fuso in lingotti, quest'oro fu un serpente su punto di mordere, una tigre pronta a saltare, un'aquila che spicca il volo o un pugnale che serpeggia e scorre come un fiume nell'aria".
O magari uno stupefacente, aerodinamico pesce volante.
Non ce le dimentichiamo, le parole di Galeano, mentre davanti a noi si apre uno spettacolo da lasciare senza fiato: teche e teche illuminate come raffinati acquari in cui oggetti d'oro dalle forme elegantissime e dalla cesellatura perfetta paiono galleggiare.
La cosmologia precolombiana spiegava l'origine, il divenire e la struttura dell'Universo assegnando un luogo e un significato a tutti gli esseri viventi e mettendoli in relazione in modo preciso.
Il Cosmo era immaginato come un insieme di vari livelli, veri e propri "mondi" sovrapposti e interdipendenti. A ciascuno si associavano speciali colori, odori, animali, piante e spiriti.
L'Universo si manifestava quindi in una dimensione visibile ma anche in un'altra, spirituale, potente e occulta, nascosta alla maggioranza della gente. Il tramite, l'intermediario fra la dimensione ultraterrena e il mondo reale era il "Cacique".
Anche da morto, il Cacique continuava ad avere privilegi particolari: veniva sepolto con addobbi funebri d'oro, e la sua tomba era una collinetta di terra chiamata "Tola".
"Il Cacique chiede che il conquistatore gli dica perchè così pochi uomini vogliono tanto oro. Saranno sufficienti i loro corpi per tanti ornamenti?".
Così racconta Galeano, descrivendo la conversazione fra il Cacique Nicaragua e Gil Gonzales de Avila, nel 1523.
Non c'è proprio modo di intendersi, fra gli indigeni e i conquistatori venuti dall'altra parte dell'oceano. Lo stupore incredulo dei nativi si scontrerà con la cupidigia europea, intessendo pagine di storia di cui l'America Latina ancora oggi paga le conseguenze.
In un'area centrale, spiccano in cubi di cristallo i pezzi più pregiati.
E, particolarmente ammmirato e fotografato dai visitatori, il "Poporo Quimbaya". E' il simbolo e il cuore del Museo: fu acquistato dal Banco de la Republica nel 1939 per dare inizio alla collezione. I "poporo" erano recipienti nei quali si conservava la calce in polvere, masticata dagli abitanti degli altipiani andini insieme alle foglie secche della coca, per potenziarne gli effetti stimolanti.
Abbandoniamo l'oro precolombiano che è già pomeriggio, dopo aver pranzato nell'ottimo ristorante del Museo. Lì, abbiamo appena assaggiato il nostro primo piatto tipico colombiano: il "sancocho", sorta di zuppa di carne, yucca, mais e patate servito con riso e avocado fresco. Una vera delizia. Gabriel Garcia Marquez, nelle sue memorie racconta di quando Lorenzo il Magnifico, il cieco pappagallo centenario dei nonni, era cascato nella pentola d'acqua (per fortuna ancora tiepida) messa sul fuoco per cucinare...indovinate un po'? Proprio il sancocho!



