Avete mai toccato il cielo con un dito? Noi si, almeno quasi, a 4910 metri di altitudine.
Affidati alle cure culturali di Juan Carlos, guida dell'agenzia "Giardino", lasciamo Arequipa alle otto di mattina a bordo di un pulmino bianco. Siamo diretti alla cittadina di Chivay, punto d'inizio dell' escursione al Canyon del Colca. Il tour durerà due giorni.
Il piccolo automezzo si allontana dalle ultime case di Arequipa. Ci rendiamo conto che la "Ciudad Blanca" è circondata da un territorio arido e desertico dove la fanno da padrone arbusti, cielo e sole.
Entriamo, dopo circa un'ora di viaggio, nella Reserva Nacional "Salinas y Aguada Blanca".
Orizzonti vasti, erbe giallo pallido. Vigogne timide e ritrose, sole o in piccoli gruppi, pascolano non troppo distanti dal nastro di asfalto su cui viaggiamo.
Il paesaggio piacerebbe a Wim Wenders.
Ogni tanto un camion, di quelli con il cofano lungo e lo scappamento a camino, passa rumoroso, rimpicciolisce e scompare all'orizzonte della striscia gialla di mezzeria.
Ci fermiamo e scendiamo a fotografare.
A volte ci fermiamo anche per lasciare che morbide greggi di pecore, lama e alpaca attraversino la strada, seguite dai pastori con le loro famiglie.
Nella Riserva, vivono parecchie comunità di campesinos dediti all'allevamento delle due specie di camelidi domestici - lama e alpaca - ed al censimento e tosatura periodiche delle selvatiche vigogne. "Salinas y Aguada Blanca" infatti è nata nel 1979 proprio per proteggere questo animale. All'interno del suo territorio vivono più di duecento specie di vertebrati, in un habitat vegetale composto di quasi cinquecento specie. Il tutto, distribuito su di un'area che va dai 3600 ai 6000 metri di altitudine e comprende e preserva le bellezze naturali della conca del Rio Chili.
Il nostro viaggio prosegue, salendo fino a raggiungere i 4200 metri dell' "Alto Sumbay".
Lì, in un piccolo Rifugio - come se ne trovano tanti sulle nostre Alpi - beviamo una corroborante tisana detta "triple". Un tris di erbe composto da foglie di coca, muna e chachacome, infusi in acqua bollente. Una delizia che scalda e rappacifica (se mai ce ne fosse bisogno) con la quota che ormai si avvicina ai 5000 metri.
Acquistiamo un paio di berretti di lana d'alpaca lavorati a mano e ripartiamo.
Tocchiamo ora il punto più alto e spettacolare: il "Mirador De Los Andes", 4910 metri sul livello del mare. Geograficamente stiamo valicando il Passo di Patapampa, il più alto del Perù.
Di qui si ammirano con un unico sguardo i maestosi vulcani Misti, Chachani, Hualca- Hualca, Sabancayo, Ubinas, e la catena andina nella sua magnificenza.
Sui terreni intorno al piazzale, a far da cornice a questo splendore una miriade di montagnole di pietre, altarini votivi innalzati dai viandanti verso il cielo blu.
Un po' di bancarelle sature di colori danno a questo luogo ulteriore fascino, un tocco di allegro folklore.
Risaliamo in pulmino, inebriati di luce e di vento. La discesa del valico ora si fa ripida e gli audaci tornanti ci fanno planare in men che non si dica sulla piazzetta di Chivay, in pieno mercato.
Siamo ormai all'imbocco del Canyon del Colca, la profonda spaccatura di roccia seconda solo all' americano Grand Canyon.
Domani faremo la sua conoscenza.
Ora, ci aspetta un pranzetto gustoso nell' hotel "Casa de Mama Yacchi", a Coporaque, nostra base anche per la notte.
Dopo esserci cimentati con la gastronomia locale, un pomeriggio riposante, all'aperto, immersi nelle acque calde del piccolo sito termale "Umaru".
L'abbiamo raggiunto a piedi, mezz'oretta di cammino su strada sterrata.
Il ritorno all'hotel invece, meno sportivamente, in pulmino, sotto un tramonto rosso fuoco.
Cena e riposo sognando un volo di Condor...