domenica 28 luglio 2013

Arequipa: "Blanca" sì, ma con pennellate di azzurro e aragosta


Il primo impatto con la "Ciudad Blanca" è alle sei del mattino. Una stazione degli autobus semideserta, e un taxi appena sveglio che ci porta all'hotel. Lì un cortese portiere di notte fa l'impossibile per darci la camera al più presto: le nostre facce, provate da una notte in poltrona reclinabile su un bus di linea Cuzco-Arequipa, devono averlo impietosito. E' domenica, la città riposa ancora, nessuno passeggia per strada. Presto si animerà e noi, ritemprati da una doccia, andremo a conoscerla.

Non vediamo l'ora! Arequipa, seconda per grandezza del Perù dopo Lima, è carica di storia e di fascino. Si estende ai piedi del vulcano "El Misti", che incombe un po' protettivo e un po' minaccioso a seconda della luce del cielo e dell'umore di chi lo osserva. E' più di cinquecento anni che sonnecchia, a parte qualche fumarola, ma da qualche tempo dà segni di volersi risvegliare.



E' proprio per placare l'ira del Misti che, con grande probabilità, fu sacrificata la giovanissima "Juanita", ora affidata alle cure dell'Università Cattolica di Santa Maria. Di questa storia commovente e impressionante avremo modo di scrivere domani, dopo che saremo andati a farle visita di persona al "Museo Santuarios Andinos", a pochi isolati dal nostro albergo. Ora preferiamo rimanere all'aperto e attraversare la Plaza de Armas per ammirarne dal centro le armoniose proporzioni e la suggestiva facciata della cattedrale.


Arequipa è soprannominata la "Ciudad Blanca" per via del colore chiaro dei suoi edifici costruiti con una pietra lavica chiamata "sillar". L'effetto generato dal contrasto dei muri con il blu del cielo è una delle meraviglie che questa città ci offre oggi, impacchettata dal tocco di biancorosso delle coccarde che decorano i palazzi coloniali in occasione della Festa Nazionale.




Decidiamo di fare uno spuntino al "Crepismo", locale di cucina fusion franco-andina collegato al centro Alliance Francaise. Beviamo per la prima volta la "chicha morada", analcolica, di colore e sapore simili al succo di mirtillo, diffusa in tutto il Perù già al tempo degli Inca. E' ricavata da una varietà di mais dai chicchi viola scuro (maiz morado, appunto) e si può consumare così com'è, o con l'aggiunta di zucchero. Buona!







All'interno della "Ciudad Blanca" c'è una piccola città che bianca non è: il complesso costituito dagli edifici del Monastero di Santa Caterina da Siena. Cominciamo a sospettarlo quando ne varchiamo l'austero ingresso.
















E ben presto ci aggiriamo stupiti fra edifici dalle mura di color aragosta, azzurro mediorientale, rosa scuro. E poi oleandri fucsia, gerani rosso fuoco, piante grasse di tutte le tonalità di verde, e l'immancabile cielo blu.









Percorriamo le silenziose stradine lastricate, dai nomi che evocano la lontana terra di Spagna, e su cui si aprono gli ambienti, lasciati dal 1970 accessibili agli occhi curiosi di Storia, come i nostri.
Le camerette delle monache, nella loro semplicità severa, lasciano trasparire comunque la ricchezza delle loro antiche occupanti, tutte provenienti da famiglie agiate.








Il chiostro degli aranci (così chiamato per le piante al centro) ed il chiostro maggiore, impreziositi da lunette affrescate che raccontano la vita di Maria e di Gesù, e illustrano gli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Lojola.







C'e anche la vecchia cucina; fa tenerezza, con tanto di pentoloni e muri anneriti dal fumo di legna e carbone.






 




Molto si dovrebbe scrivere sul Convento di Santa Caterina, che ancora oggi assolve la sua funzione di monastero di clausura e che tanta importanza ha avuto per la storia di Arequipa.


Storditi dai colori vivaci ma anche dalla silenziosa pace a cui non siamo più abituati, abbandoniamo la piccola cittadella monastica.








Sono ormai le cinque del pomeriggio.
Ripiombiamo subito nel ventunesimo secolo di un piccolo supermercato sotto i portici di Plaza de Armas.






Ci divertiamo a curiosare alla ricerca di prodotti locali. 






















Assieme a frutti e verdure tropicali da noi introvabili, occhieggia dagli scaffali l'onnipresnte Nutella, e un improbabile panettone in busta tipo detersivo.


Siamo finiti forse in una enclave italiana?







Vicino alle casse, le caramelle al gusto di foglie di coca e la fluorescente Inca Kola ci ricordano che siamo sempre in Perù.