mercoledì 24 luglio 2013

Cusco, Plaza de Armas. Il centro del centro del mondo di Pachacutec




Il glorioso Pachacutec mai se lo sarebbe immaginato. Ma la miglior vista sull' “ombelico” del suo impero si gode con un bicchiere di caffè caldo in mano, affacciati alle balconate di uno STARBUCKS. 





Siamo in Plaza de Armas, a Cusco. “Cosqo” è una parola quechua, vuol dire “ombelico” per l'appunto. E una leggenda riportata dal cronista cinquecentesco Garcilaso de la Vega narra che Inti, il dio del sole, volendo fondare una civiltà che lo venerasse mandò sulla terra i suoi figli Mama Ocllo e Manco Càpac. Diede loro uno scettro d'oro che con il suo magico potere avrebbe individuato il luogo al centro del quale fondare l'impero. I due giovani, emersi sulla terra dalle spume del Lago Titicaca, si spinsero verso nord. Manco Càpac, giunto da queste parti, piantò lo scettro nel terreno e il prezioso bastone vi affondò completamente. Era il segno divino, e questo il posto giusto. La missione dei figli di Inti era stata portata a termine e la grandiosa seppur breve epopea della civiltà Inca poteva avere inizio.


In realtà, il grande “architetto” di Cusco fu – come per Machu Picchu – ancora Pachacutec. Il lungimirante sovrano potenziò quello che era originariamente un villaggio di mediocre importanza trasformandolo in centro politico, religioso ed amministrativo dell' Impero del Sole.



Normalmente Sua Maestà è irraggiungibile, incombe severo sui passanti dalla punta di una pittoresca fontana. Ma oggi troviamo la fontana avvolta da una grigia copertura, costruita in occasione delle sfilate militari e civili che domani e dopodomani si svolgeranno in questa piazza. 

Pachacutec ci guarda dall'alto e ci invita a salire i gradini scarlatti che portano alla Sua regale ed aurea persona: in questi giorni di festa nazionale riceve i turisti e si lascia volentieri fotografare vicino a loro. Non ci facciamo certo scappare l'occasione! 

E' pomeriggio, e siamo da poco arrivati qui da Ollantaytambo dopo un viaggio con un taxi collettivo fino a Urubamba. ed un altro da lì fino alla periferia di Cusco. Infine un taxi locale - una piccola vetturetta coreana ideale per muoversi fra queste stradine strette e ripide - ci ha portato nel centro storico, nel pittoresco quartiere di San Blas, alla Pensiòn Alemana (di cui parleremo ancora).

C'era un sole luminosissimo, oggi pomeriggio, nella capitale dell'Impero del Sole. Così, sistemati i bagagli in camera, siamo subito usciti a respirare l'aria tersa dei 3400 metri di altitudine, e a fare scorpacciate fotografiche di blu e altre tinte vivaci che già nel percorso in taxi avevamo adocchiato. Le stradine semipedonali in discesa ci hanno portato quasi naturalmente nella piazza principale, questa Plaza de Armas che ne ha viste di tutti i colori, dal '500 in poi. 

Dalla decapitazione, nel 1572,  dell'Inca Tupac Amaru, l'ultimo dei nobili Inca rifugiatisi a Vilcabamba per cercare di resistere alla colonizzazione spagnola, alla tortura ed esecuzione della condanna a morte per squartamento, nel 1781, dell'indomito trisnipote di Tupac Amaru, Tupac Amaru II, reo di aver organizzato rivolte di contadini indigeni contro le terribili condizioni di lavoro imposte dai dominatori spagnoli.



Con la mente ancora assorta su quei fatti terribili, ci avviciniamo alla facciata della Cattedrale, il cui rosso granito proviene direttamente dalla vicina fortezza Inca di Sacsayhuamàn. 

Il complesso architettonico è costituito dalla chiesa principale e da altre due chiese contigue, ai suoi lati. Quella a destra della facciata principale è la Iglesia del Triunfo, l'edificio più antico del complesso religioso. Fu edificata sul tempio incaico Suntur Wasi e divenne la prima cattedrale del Cusco. 

Il “Triunfo” a cui si allude nella denominazione è riferito alla vittoria dei conquistadores sui guerrieri di Manco Inca, dovuto - si narra - ad un'apparizione della Vergine che ridiede forza e determinazione alle truppe spagnole. All'interno di questa chiesa riposano le ceneri di Garcilaso de la Vega. 

Alla sinistra della attuale cattedrale, la Iglesia de la Sagrada Familia. Fotografiamo entrambe le facciate, decorate da nicchie con statue colorate. Ci affascina in modo particolare un San Michele Arcangelo che schiaccia sotto i piedi, quasi scusandosi, un diavolo color rosso-Ferrari.



Tutto questo massiccio complesso sorge al posto di un tempio Inca e del palazzo dell'Inca Viracocha: il 15 novembre del 1533 Francisco Pizarro aveva infatti “fondato”  secondo l'usanza spagnola, la città di Cusco, ponendosi nella Plaza de Armas circondato dai palazzi che erano stati le dimore dei sovrani Inca, e iniziando così la trasformazione che avrebbe aggiunto a questa città un'anima europea, rinascimentale e barocca.




E una perla barocca ce l'abbiamo proprio davanti agli occhi: la “Iglesia de la Compañía de Jesús”. Sorge al posto del palazzo dell'ultimo sovrano Inca, Huyana Càpac. Nell'anno 1571 era stata edificata dai Gesuiti una prima chiesa che il terribile terremoto del 1650 non aveva risparmiato. Fu così iniziata l' edificazione di un nuovo tempio. Ancora in costruzione, pareva già più sontuoso della vicina cattedrale. L'arcivescovo non poteva accettare questo “affronto” dei figli di sant'Ignazio di Loyola. Così scomodò nientemeno che il pontefice, Paolo III, perchè da Roma si pronunciasse sulla 
spinosa questione. 

La risposta arrivò a Cusco con i tempi lunghi di allora, e dava ragione all'arcivescovo: la chiesa dei Gesuiti mai avrebbe dovuto offuscare l'importanza della cattedrale! Peccato che i lavori della Iglesia fossero quasi terminati, e la splendida facciata già al suo posto, a rendere più bella che mai la piazza. 

Nessuno osò demolire nulla e la sua grazia elegante rimane uno degli esempi più fulgidi del barocco sudamericano.








E in questo tardo
pomeriggio, proprio davanti al suo possente portone di legno e borchie, il Sudamerica ci riserva un' “apparizione” inaspettata: la Vergine Maria in Toyota 4x4! Se ne esce dalla Iglesia sorretta da alcuni ragazzi che la accomodano nel cassone posteriore del fuoristrada grigio scuro.

Estasiati fotografiamo la partenza del simulacro. E' diretto -così ci spiegano- ad un vicino paese dove si celebrerà una festa religiosa con relativa processione.






La Madonnina “in trasferta” si allontana, lo sguardo fisso, dolce e forse un po' sorpreso per l'inconsueto mezzo di trasporto.



Noi, meno spiritualmente, ci avviamo per le stradine selciate dell'Ombelico del mondo Inca, alla ricerca di “Marcelo Batata” e delle sue promesse gastronomiche. 








Le manterrà appieno, cucinando sopraffini piatti cusqueni, serviti in un locale dall'atmosfera caratteristica e piacevole. Se Cusco è la “cintura” del mondo (Cosqo vuol dire anche questo), la cintura dei nostri pantaloni avrà bisogno di un buco in più, dopo la cena di stasera!