E la si può andare a trovare solo da maggio a dicembre. Ma cosa le è successo? E cosa ci faceva a quelle altezze e in quei luoghi così inospitali una giovane e bella ragazzina?
Usciti dal Museo Santuario Andino, la luce del sole ci colpisce come sempre, qui in Perù. Ma forse dopo questa visita condotta nella penombra, in modo ancor più violento del solito. Si sta facendo tardi, l'appuntamento per il tour è vicino. In fretta percorriamo le ordinate vie di questa città dalla pianta ortogonale e saliamo sul bus dell' agenzia che ci porterà a spasso nei dintorni per il resto del nostro pomeriggio.
Una graziosa signorina con elegante cappellino di paglia (tipico arequipeno) sarà la nostra guida.
Prima fermata, il “mirador” panoramico della adiacente cittadina di Yanahuara, dalle cui arcate istoriate si “mira” davvero uno spettacolo magnifico di Arequipa circondata dai suoi vulcani.
A lato del punto panoramico, la piazza è impreziosita della chiesa di san Giovanni Battista: la sua facciata scolpita nella pietra vulcanica “sillar” è un capolavoro di raffinatezza.
Anche l'antico crocifisso che troneggia all'esterno del portone d'ingresso, è suggestivo e merita di essere fotografato.
Risaliamo sul bus, diretti a un grande negozio di abbigliamento e tessuti pregiati, con annesso piccolo zoo di camelidi andini. La nostra vista non desta molto entusiasmo nei placidi animali.
Continuano con indifferenza a brucare la loro erba, incuranti dei turisti armati di telefonini e macchine fotografiche. Solo una classe di ragazzini vocianti riesce per un momento a smuovere l'imperturbabilità di un guanaco, che sputa contro i marmocchietti suscitandone risate e commenti.
Terza tappa, ci troviamo ormai a una quindicina di chilometri di distanza dal centro della “città bianca”, ecco aprirsi un parcheggio alberato e un elegante ingresso pedonale con piccolo chiosco-biglietteria. Siamo arrivati finalmente alla dimora del fondatore della Arequipa coloniale: Don Manuel Garcì de Carbayal. La bella magione sorge in località Huasacache, su una piccola collina da cui si gode la vista della sottostante Valle di Socobaya. La “Mansion del Fundador”, esempio elegantissimo di stile coloniale peruviano del XVII secolo, stava andando in malora.
Ma nel 1981 un gruppo di appassionati di quel periodo storico la restaurarono riportandola agli antichi splendori. Ora la casa è un vero e proprio museo ed è utilizzata come “location” di prestigio per cerimonie, soprattutto matrimoni. Possiede infatti una piccola e suggestiva cappella e saloni adatti a ricevimenti e banchetti.
L'arredamento, ricostruito in ogni minimo dettaglio, ci permette un tuffo nello sfarzo della vita quotidiana dei nobili di origine spagnola. Li immaginiamo aggirarsi fra mobili di chiara fattura iberica. O accostarsi ai finestroni elegantemente incorniciati, come veri e propri quadri, da preziosi listelli di legno intagliato.
Perchè ogni particolare del meraviglioso paesaggio circostante si potesse godere appieno, e con tutte le luci e i colori offerti dai vari periodi dell'anno.
Tutto questo, mentre la servitù si dava da fare, come sempre accade a tutte le latitudini e in tutte le epoche, in cucina.
La sera è ormai prossima e sfumature di oro e arancio si posano sui muri della “Mansion del Fundador”.
E' ora di rientrare ad Arequipa. Saliamo sul bus che, dopo un' ultima tappa per visitare un vecchio mulino, ci riporta fra le bianche mura della Plaza de Armas. Sferzati da un'arietta frizzante, e con l'immagine dei pentoloni della cucina del “Fundador” ancora in mente, cerchiamo un ristorante per cenare. Parecchi sono “completi”, qualcuno troppo “da turisti”...finalmente ce ne piace uno. Si chiama “Lo Zingaro”, chissà perchè, proprio così, all'italiana.
Entriamo e ordiniamo carne di alpaca. Beh, dobbiamo proprio scriverlo, per noi quella è stata la miglior carne fin ora mai assaggiata. Una delizia che sicuramente avrebbe suscitato commenti entusiasti, alla tavola di Don Manuel Garcì de Carbayal!
Prima fermata, il “mirador” panoramico della adiacente cittadina di Yanahuara, dalle cui arcate istoriate si “mira” davvero uno spettacolo magnifico di Arequipa circondata dai suoi vulcani.
A lato del punto panoramico, la piazza è impreziosita della chiesa di san Giovanni Battista: la sua facciata scolpita nella pietra vulcanica “sillar” è un capolavoro di raffinatezza.
Anche l'antico crocifisso che troneggia all'esterno del portone d'ingresso, è suggestivo e merita di essere fotografato.
Risaliamo sul bus, diretti a un grande negozio di abbigliamento e tessuti pregiati, con annesso piccolo zoo di camelidi andini. La nostra vista non desta molto entusiasmo nei placidi animali.
Continuano con indifferenza a brucare la loro erba, incuranti dei turisti armati di telefonini e macchine fotografiche. Solo una classe di ragazzini vocianti riesce per un momento a smuovere l'imperturbabilità di un guanaco, che sputa contro i marmocchietti suscitandone risate e commenti.
Terza tappa, ci troviamo ormai a una quindicina di chilometri di distanza dal centro della “città bianca”, ecco aprirsi un parcheggio alberato e un elegante ingresso pedonale con piccolo chiosco-biglietteria. Siamo arrivati finalmente alla dimora del fondatore della Arequipa coloniale: Don Manuel Garcì de Carbayal. La bella magione sorge in località Huasacache, su una piccola collina da cui si gode la vista della sottostante Valle di Socobaya. La “Mansion del Fundador”, esempio elegantissimo di stile coloniale peruviano del XVII secolo, stava andando in malora.
L'arredamento, ricostruito in ogni minimo dettaglio, ci permette un tuffo nello sfarzo della vita quotidiana dei nobili di origine spagnola. Li immaginiamo aggirarsi fra mobili di chiara fattura iberica. O accostarsi ai finestroni elegantemente incorniciati, come veri e propri quadri, da preziosi listelli di legno intagliato.
Perchè ogni particolare del meraviglioso paesaggio circostante si potesse godere appieno, e con tutte le luci e i colori offerti dai vari periodi dell'anno.
Tutto questo, mentre la servitù si dava da fare, come sempre accade a tutte le latitudini e in tutte le epoche, in cucina.
La sera è ormai prossima e sfumature di oro e arancio si posano sui muri della “Mansion del Fundador”.
E' ora di rientrare ad Arequipa. Saliamo sul bus che, dopo un' ultima tappa per visitare un vecchio mulino, ci riporta fra le bianche mura della Plaza de Armas. Sferzati da un'arietta frizzante, e con l'immagine dei pentoloni della cucina del “Fundador” ancora in mente, cerchiamo un ristorante per cenare. Parecchi sono “completi”, qualcuno troppo “da turisti”...finalmente ce ne piace uno. Si chiama “Lo Zingaro”, chissà perchè, proprio così, all'italiana.