Ammettetelo. Quando sentite nominare "Medellin" la mente corre alla parola "cartello". Che non si riferisce a quello stradale. Subito appresso arrivano "narcotraffico", "Pablo Escobar" e, se siete dotati di immaginazione, gangster che si sparano a vicenda nelle vie di quella città trasformate in un pericoloso set cinematografico con pallottole vere, però. Non preoccupatevi. Anche a noi faceva quell'effetto. Tanto che non l'avevamo inserita nell' itinerario ("siamo mica scemi" avevamo pensato senza nemmeno dircelo l'un l'altro). Invece saremmo scemi eccome, a perdercela, Medellin.
Per fortuna a Cartagena qualche giorno fa era entrato in azione il destino: quello che fa cambiare la rotta ai naviganti. Ecco come è andata. Ci viene sete, la calura è insopportabile. Irresistibilmente siamo attirati in un piccolo locale, le pareti zeppe di cimeli storici, sedie e tavolini di legno vecchio dipinti a colori vivaci. Al riparo, nell'antro scuro e fresco, ordiniamo la solita Aguila. E, bottiglietta appannata e gelida sul tavolo, iniziamo a chiacchierare con i padroni del locale.
Gentili e socievoli, raccontano di mal sopportare il caldo di Cartagena. Sono abituati a un clima fresco di mezza montagna, sono di Medellín, loro ! (e la nostra mente subito snocciola la sequenza Medellìn-Escobar-Cartello-narcos-pallottole vaganti-pericolo-morte-adiòs). Li guardiamo strano ma loro naturalmente non possono immaginare il tenore del film proiettato nelle nostre teste. Intanto entra un ragazzo, il figlio, giovane medico dell'ospedale poco distante. Anche lui dice un gran bene di Medellìn (a questo punto le nostre paure iniziano a sbiadire). Dice che la città è moderna, pulita e soprattutto sicura. Clima perfetto, né troppo caldo né troppo freddo. Racconta del museo dedicato a Fernando Botero (che è nato lì) e delle sue statue giganti sparse per la piazza principale, della cabinovia che si inerpica lungo i fianchi delle sue colline. "Non potete andar via dalla Colombia senza aver visitato Medellìn", conclude con solennità.
Gentili e socievoli, raccontano di mal sopportare il caldo di Cartagena. Sono abituati a un clima fresco di mezza montagna, sono di Medellín, loro ! (e la nostra mente subito snocciola la sequenza Medellìn-Escobar-Cartello-narcos-pallottole vaganti-pericolo-morte-adiòs). Li guardiamo strano ma loro naturalmente non possono immaginare il tenore del film proiettato nelle nostre teste. Intanto entra un ragazzo, il figlio, giovane medico dell'ospedale poco distante. Anche lui dice un gran bene di Medellìn (a questo punto le nostre paure iniziano a sbiadire). Dice che la città è moderna, pulita e soprattutto sicura. Clima perfetto, né troppo caldo né troppo freddo. Racconta del museo dedicato a Fernando Botero (che è nato lì) e delle sue statue giganti sparse per la piazza principale, della cabinovia che si inerpica lungo i fianchi delle sue colline. "Non potete andar via dalla Colombia senza aver visitato Medellìn", conclude con solennità.
Medellìn, stiamo arrivandoooo!!!!
E finalmente, dopo il volo e un bel po' di strada in bus, ecco stagliarsi il paesaggio urbano di Medellìn. Moderna, circondata da verdi colline e percorsa da strade che ci paiono pulite e ben tenute.
Il nostro hotel non è in centro, ma in un quartiere lindo ed elegante, con giardini pubblici e un grande complesso sportivo. Possiamo vedere le piste di atletica dall'alto della terrazza dell'albergo, ed anche avere un primo sguardo a 360 gradi sulla città. Intanto in terrazza si accendono i riflettori su un piccolo set cinematografico, un talk show della tv colombiana, mica il film dei gangster e delle pallottole vaganti, ci diciamo ridendo. Da sotto arriva confuso e ovattato il rumore della città che sta per assopirsi. Come una grande gatta, fa le fusa in attesa che il sole tramonti completamente.