sabato 9 agosto 2014

Dal covo di Captain Jack a Portobelo, alla Panamà dei Capitani della finanza

Buongiorno, Caraibi! Negli occhi scorrono ancora le immagini scattate ieri pomeriggio alla piccola Portobelo dei pescatori e dei progetti sociali per tirare fuori dal degrado quella che fu una perla della costa caraibica. 




In particolare, la visita al CENTRO BAHIA DE PORTOBELO, un progetto finanziato da una banca spagnola. Si occupano di mantenere la tradizione e la cultura Congo tipica degli abitanti di Portobelo, in gran parte discendenti dagli schiavi africani portati qui a lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero. 








Stanotte abbiamo dormito sodo vicino al porto, il più importante del Centro America all'epoca d'oro della conquista spagnola, ben protetti nel covo del Captain Jack. 

Gli altri ospiti dell'ostello, forse aiutati dalle birrette gelide, sono andati avanti a ridere, bere e schiamazzare fino a notte alta. Stamattina invece, dormivano della grossa nello stanzone comune, quando siamo passati per uscire nell'aria fresca della baia di Portobelo. 



Sgattaioliamo con piacere fuori dall'ostello senza bisogno di svegliare Jack, tanto il conto l'abbiamo pagato in anticipo ieri sera. In un piccolo supermercato ospitato sotto un capannone compriamo del latte e cioccolata in tetrapack, un pane dolce e morbido, due banane. Ci sistemiamo intorno a una bancarella vuota, nella piazza centrale. Come già ieri, il luogo è semideserto, salvo che per due cagnoni pulciosi e dallo sguardo triste. Condividiamo con loro la nostra colazione, mentre il cielo si fa livido e minaccia temporale.
Poco lontano, un discreto numero di uccelli dall'aspetto simile a  lugubri avvoltoi stanno appollaiati vicino ad una croce e a un muretto. Nessuno ci fa caso.


Stiamo aspettando ora, insieme a due donne, un mezzo pubblico per tornare a Colòn e da lì riprendere il bus di ieri. Il Caribe dei pirati e dei bucanieri è stato una puntata suggestiva ed emozionante. Ma Ciudad de Panamà, col nostro albergo confortevole ci attrae come una calamita così come la prospettiva di una bella lavata, nostra e dei vestiti ormai sporchicci che abbiamo addosso. Vieni presto, perciò  giocattolosa "chorrera", che ti fermerai come sempre con "Parada" (fermata) a richiesta..."sacando la man" (facendo segno con la mano), come ci suggerisce una delle due signore. Eccola, si ferma, saliamo. 

Anche il viaggio di ritorno a Colòn, come già quello di andata, è folkloristico: aria a palla dai finestrini, musica latina a tutto volume. Sobbalza come un piccolo canguro sbatacchiando i passeggeri qua e là. Gli zaini li abbiamo buttati per terra, noi siamo seduti e a un certo punto anche in piedi per lasciare il posto ai genitori con bambini piccoli. E' sabato e tutti sono ben vestiti, umilmente, ma puliti e profumati.
Arriviamo a Colòn. Dai finestrini scorrono inquadrature contenenti edifici d'epoca, degradati e abitati da povera gente: una copia triste e meno colorata di alcuni quartieri dell'Havana che avevamo visitato viaggi fa. Di nuovo, l'istinto ci suggerisce di non avventurarci con gli zaini per Colòn.




La "chorrera" dopo aver costeggiato marciapiedi con botteghe e venditori di strada entra nel Terminal. Scendiamo e subito veniamo diretti al pullman che sta per partire per la capitale. Viaggiamo per due ore immersi nell'aria condizionata a dir poco polare e finalmente, dopo aver superato un ingorgo monumentale, entriamo in Albrook. Poi, Metropolitana. Scendiamo alla fermata "Iglesia del Carmen" e riattracchiamo alla reception dell'hotel da dove ieri eravamo usciti a caccia di avventure e di Storia della pirateria. Ancora un po' di pazienza e prendiamo possesso della camera...stavolta al 7mo piano e con vista spettacolare sulla skyline di Panamà!




Amore a prima vista, anzi a seconda, per questa città e decidiamo che ci fermeremo qui tre giorni. Doccia, bucato, relax in piscina all'ultimo piano:  finalmente rientrati nel mondo dei "pirati della finanza" (che alla fine è indiscutibilmente più comodo di quello di Captain Morgan...pardon, Captain Jack) ci rimettiamo in moto per le strade ormai familiari della città che unisce due Oceani.