Siamo appena scesi da un bus pubblico che ci ha portato all'ingresso di una "Quinta", come si chiama da queste parti una tenuta, la "Quinta de SAN PEDRO ALEJANDRINO". Di qua è entrata la Storia: vestiva i panni della Morte, venuta a prendere proprio Bolìvar, El Libertador. L'anno è il 1830.
Si arriva così al primo blocco di edifici, dove veniva lavorata la canna da zucchero per produrre rum. La tenuta infatti comprendeva un' area riservata al processo di distillazione.
Tutt'intorno a noi, intricati ed affascinanti alberi secolari, dalle braccia nodose e contorte.
Proseguendo la visita, entriamo in alcune sale commemorative, ricche di dipinti, lettere e documenti storici.
Ci si immette poi nella parte che racchiude gli ambienti dove il "Libertador" trascorse gli ultimi giorni di vita terrena. La cucina, il cortile, la piccola cappella, la camera da letto con il letto a baldacchino testimone dell'ultimo respiro del "Libertador", e ora impreziosito dalla bandiera tricolore colombiana distesa come copriletto. In quest'ultimo ambiente, per rispetto, non è consentito scattare fotografie. Lo si può fare, invece, dove fu onorato nelle ore successive.
Al suo posto, ora, una statua di marmo su un catafalco di legno.
La vicenda umana e politica di Simòn Bolìvar si concludeva così proprio qui, alla "Quinta de SAN PEDRO ALEJANDRINO": a quei tempi probabilmente circondata dal silenzio dell' aperta campagna, oramai incastrata nel tessuto urbano di Santa Marta e con il rombo dei motori a poca distanza. Non abbastanza vicini tuttavia da spaventare alcune splendide iguana verde bottiglia, ospiti fisse del prato accanto all'"Altare della Patria", l'edificio che racchiude il gigantesco monumento commemorativo fatto di marmo di Carrara e opera di uno scultore italiano. Nello stesso complesso si può visitare anche un ricco Museo di Arte Contemporanea che racchiude produzioni di artisti dei tre Stati bolivariani.
Ci allontaniamo lungo il viale dove sventolano le bandiere di parecchie nazioni: istintivamente cerchiamo l'Italia e la troviamo subito, in seconda posizione rispetto al Mausoleo.
Ancora un omaggio a Bolìvar, stavolta una statua nel giardino.
Il teorico della Gran Colombia, l'aveva vista dividersi in tre realtà geopolitiche distinte: Venezuela, Ecuador e Colombia. A metà del 1830, deluso e amareggiato abbandona ogni responsabilità politica. Come ci racconta lo storico argentino Felipe Pigna,
"con forze appena sufficienti per camminare, afflitto da dolori reumatici e attacchi di mal di fegato, accettò l'invito di un ricco spagnolo di stabilirsi nella sua tenuta, nel piccolo paese colombiano di Santa Marta. In riposo totale, Bolìvar detto varie lettere, il suo testamento e l'ultimo proclama ai colombiani, nel quale assicurò: - Se la mia morte può contribuire a far cessare le rivalità e consolidare l'unione, io me ne andrò nella tomba tranquillo -
Il 17 dicembre del 1830, ad appena 47 anni, si chiudeva il ciclo della sua vita. Prima di morire, aveva sussurrato ai suoi amici:- Abbiamo arato nel mare - "
(Felipe Pigna in www.elhistoriador.com.ar, "Sìmon Bòlivar y sus ùltimos dìas", traduzione nostra)