"Per collegare i quartieri più poveri, che si trovano ai lati della valle, è stato dunque costruito un sistema di lunghe scale mobili esterne e, nel 2004, un sistema di cabinovie chiamato Metrocable, che collega le zone più popolari sulle colline al centro abbreviando il tragitto di circa due ore: trasporta circa 30 mila persone ogni giorno, funziona come un mezzo di trasporto di massa con diverse linee ed è stato replicato anche in molte altre città: a La Paz in Bolivia, a Caracas in Venezuela, a Rio in Brasile, e c’è un progetto simile anche a Lima, in Perù e in due città del Messico. A Medellín, lungo il percorso del Metrocable, sono state costruite inoltre librerie e centri culturali."
Eccoci quindi in coda all'imbarco per la prima tratta: una stazione nuova di zecca, pulita ed efficiente. Oggi è giorno feriale e i passeggeri sono pochi, alcuni turisti come noi, la gran parte invece è gente che abita lungo il versante collinare fitto di abitazioni.
La graziosa scatoletta sale ondeggiando leggermente. Attraverso i vetri non troppo puliti possiamo scorgere un tappeto di edifici quasi tutti fatiscenti. Il teleobiettivo coglie frammenti di vita quotidiana. Tre persone sembrano prendere il fresco su un terrazzino di cemento armato. Una ringhiera di legno mezza sgangherata protegge come può il suo balcone carico di panni stesi. Seguiamo con lo sguardo l'inerpicarsi della strada asfaltata, un nastro grigio scuro che solca la popolosa collina. C'è anche un percorso pedonale fatto di scorciatoie: ripide scalette che collegano una curva all'altra. Siamo impressionati dal termitaio umano che vediamo scorrere sotto e a fianco della cabina. Centinaia di catapecchie coperte da lamiere sono tenute insieme da ogni sorta di materiale edilizio di fortuna. Ci chiediamo come possa resistere tutto ciò alla stagione delle piogge torrenziali. E non osiamo immaginare i risultati devastanti di un possibile terremoto. Siamo allo stesso tempo ammirati dall'ingegno umano, che nella povertà estrema trova comunque modo di garantirsi un tetto sotto cui abitare, un balcone in cui stendere i panni, quattro mura dove sentirsi a casa. Ci sono persino vasi con piante fiorite, appesi ad alcune finestre. Ogni tanto, un mural rallegra l'atmosfera con i suoi colori vivaci. Campetti sportivi e luoghi simili a oratori sbucano all'improvviso. allora è vero che in questi quartieri-favelas, come raccontava il giornalista dell'Economist, si sta cercando di creare oasi di sport, cultura e scolarizzazione.
Ed eccoci alla tappa intermedia del tragitto: altra stazione supermoderna, tutta acciaio e vetro. Altri tornelli da superare per imbarcarsi sulla cabina che ci porterà al Parco.
Superate le barriere eccoci su un'altra cabinovia, stavolta penzolante nel verde. I tetti di lamiere arrugginite tenute ferme dai sassi sono ormai alle nostre spalle, al loro posto scorre sotto la cabina un tappeto verde fatto di alberi e arbusti: stiamo entrando lentamente nella zona di Santa Elena, dove si estendono i quasi diciotto chilometri quadrati del Parco Avrì, polmone verde dell'area di Medellìn attrezzato per la gioia degli abitanti in vena di natura, escursionismo o anche solo una passeggiata domenicale con la famiglia. Il paesaggio è molto bello ma tutto sommato consueto per noi europei: colline, boschi di conifere, montagne e pianure in lontananza, cieli blu ricamati di nubi. Però adesso ci pare addirittura spettacolare, in contrasto con i gironi infernali della baraccopoli pensile appena attraversata.
Un quarto d'ora di galleggiamento nelle più variegate tonalità del verde e approdiamo alla stazione finale del Metrocable linea L: lo spiazzo d'inizio del Parco Arvì.
Nel parco non possiamo godere che di una breve passeggiata nell'area limitrofa alla stazione del Metrocable: ormai è metà pomeriggio e fra poco dobbiamo ridiscendere in città. Un sorso di "Colombiana", bibita fresca dal sapore di chinotto, un dolcino tradizionale comprato in una bancarella lungo la carrozzabile che arriva dall'altro versante, una visita alla piccola mostra scolastica montata vicino alla partenza della cabinovia e l'attenta lettura delle placche di metallo con spiegazioni naturalistiche sono tutto quello che possiamo permetterci.
Rieccoci alla partenza della cabinovia, puntuali. Uno sguardo alla bacheca "Info-Metro" e si fa ora di riprendere la scatoletta volante.
Riprendiamo il Metrocable "linea L" stavolta in discesa. E'ancora chiaro e pian piano la città si avvicina a noi.
Ci lasciamo lentamente alle spalle il patchwork di lamiere e mattoni, gli occhi irregolari di finestre e porte sghembe ritagliate in pareti di mattoni economici lasciati grezzi. Lentamente la Medellìn collinare dei poveri lascia il posto a quella, a fondovalle, della classe media, dei ricchi e dei turisti.
Arrivati in albergo la contempliamo ancora, avvolta nel suo scialle di luci elettriche.