giovedì 7 agosto 2014

Panama Viejo: Le mura che hanno visto Henry Morgan

Il signore dallo sguardo torvo e pensieroso insieme è Henry Morgan. Proprio lui, il pirata o meglio il filibustiere che in soli due anni razziò e mise a ferro e fuoco gli insediamenti coloniali spagnoli più importanti di entrambe le coste del Panamà: la caraibica Portobelo, nel 1668, e tre anni dopo la città di Panama, affacciata sul Pacifico.  











Stiamo per visitare il sito archeologico di "Panama Viejo", ovvero quello che resta di quella prima Panamà dopo che Morgan e i suoi uomini nel 1671 l'ebbero occupata, saccheggiata ben bene per un intero mese e infine incendiata. 







Il sito è incastonato nella Panama moderna, basta un autobus urbano per arrivarci. All'ingresso, dopo la biglietteria, ci soffermiamo in alcune sale con tabelloni, carte geografiche, modellini. 







La storia europea comincia a intrecciarsi con quella panamense dopo la scoperta dei favolosi giacimenti minerari nella zona andina, soprattutto l'argento a Potosì.

(la vicenda ve la raccontiamo in quest'altro post: http://paolaeoscar.blogspot.it/2013/08/bolivia-una-visita-che-vale-un-potosi.html ).

L'istmo di Panamà divenne ben presto terra di passaggio fra Sudamerica e Spagna. Si calcola che fra i secoli XVI e XVII vi transitò un buon 60 per cento di tutto l'argento estratto nel Nuovo Mondo. Le flotte attraversavano l'Atlantico in convoglio, prua rivolta a Siviglia e cariche del prezioso metallo. Poi tornavano in America con le stive piene di merci europee.

E la città di Panama, prosperava, affacciata sul Pacifico abitata da famiglie nobili e di ricchi mercanti, e sede di importanti monasteri. 











Una cronaca del tempo racconta di "otto monasteri, sette di uomini e uno di donne, due chiese e un ospedale riccamente ornati di pezzi da altare e di pitture, una grande quantità di oro e di argento, con altre cose preziose che i preti avevano nascosto; duemila case, di costruzione magnifica e prodigiosa, la maggior parte abitata da mercanti del paese, che erano molto ricchi".





Usciamo presto dall'artificiosità dei pannelli con le spiegazioni storico-architettoniche, via dalle sale illuminate a neon.  Preferiamo inoltrarci negli spazi scenografici del parco archeologico. Ascoltiamo le pietre e i mattoni che Henry Morgan l'hanno visto per davvero. 





Le mura hanno sempre da raccontare molto più di tante pagine e tanti cartelli, basta aguzzare la sensibilità.



Ciò che appare subito davanti agli occhi è uno straordinario mix di antico e moderno che sbuca da qualunque parte ci si giri e colpisce al cuore. 
La skyline tutta acciaio, vetro e cemento della Panamà odierna contrasta e si fonde nel contempo con i contorni irregolari e arrotondati dei ruderi della sua sfortunata antenata. 







Viene in mente Zaira, una delle Città Invisibili di Calvino. Marco Polo così ne parla a Kublai Kan: "Inutilmente tenterò di descriverti la città di Zaira (...) Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti, ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato (...) Di quest'onda che rifluisce dai ricordi la città s'imbeve come una spugna e si dilata. Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano... "









I filibustieri, un piccolo esercito di circa 1500 uomini capitanati da Morgan, dopo aver messo a ferro e fuoco la città caraibica di Portobelo  arrivarono qui a gennaio 1671. Non dal mare, come verrebbe da pensare, ma da terra, dopo sei giorni di  marcia estenuante attraverso una foresta infestata da insetti e altri animali pericolosi. Misero sotto assedio Panamà e malgrado l'esercito spagnolo fosse numericamente più forte Morgan e i suoi ebbero la città in pugno in breve tempo. Cosa videro le mura che abbiamo ora davanti, è facile immaginarlo. Una vivida descrizione ve la possiamo offrire attraverso due pagine tratte da "Pirati e corsari nei Caraibi" di Paul Butel, portato nello zaino per l'occasione.













Ci resta ancora da salire sulla torre, rimasta in piedi e simbolo da sempre della città.  







Fa impressione immedesimarsi nelle persone che da qui videro arrivare il massacro e la distruzione rappresentati da quel drappello di filibustieri agguerriti e crudeli,  pronti a tutto pur di riuscire a razziare argento, oro e oggetti preziosi.







Rimettiamo il libro nello zaino e, abbastanza suggestionati dalla visita e dalle letture, ci incamminiamo verso la moderna Panamà. Che come la calviniana città invisibile Zaira, contiene scritto negli spigoli delle sue vie  il suo passato, come nelle linee di una gigantesca mano.