Il cielo non ha frontiere, ed è blu anche qui a La Paz. La terra invece le ha, eccome. Oggi ne abbiamo passata una pittoresca e surreale -se così si può definire un posto di confine- tra Perù e Bolivia. Il pullman di linea, partito in perfetto orario alle 7:30 dall' autostazione di Puno, giunge al controllo doganale intorno alle 11 dopo aver costeggiato la sponda peruviana del lago Titicaca. Non ci siamo fatti mancare momenti di brivido con sorpassi temerari su dossi e cunette, né un concerto di strombazzamenti per avvisare pedoni, ciclisti ed autisti di scassati motocicli, della nostra ingombrante presenza. Il vice autista, al microfono, spiega che presto arriveremo al confine di Yunguyo: dovremo scendere dal pullman e recarci autonomamente al posto di controllo del Perù per timbrare sul passaporto l'uscita.
Le case e le botteghe fatiscenti sono innestate su marciapiedi polverosi che costeggiano strisce di terra battuta. L'autobus solleva altra polvere ed emette fumo blu di scarico, scorrendo su una strada ai lati della quale stazionano banchetti di merce, persone sedute per terra e tanta tanta polvere che si solleva dappertutto. Questi quadri di povertà e degrado lasciano pian piano il posto ad un paesaggio più vivibile. La strada si fa meno polverosa e compaiono zone di verde con gruppi di alberi ad alto fusto, sopratutto eucalipti.
Ancora qualche minuto e il nostro pullman infila il canyon El Huaco, nel quale si incunea questa città dalla posizione spettacolare. Pochi minuti ancora, e si arresta nel caos del traffico sbarcando passeggeri e bagagli su uno stretto marciapiede, davanti a un hotel che non è il nostro. Ci avviamo lungo la strada: il nostro per fortuna è poco distante ma facciamo in tempo ad "assaggiare" traffico, bancarelle colorate di frutta, passanti indaffarati, sapori, odori e atmosfere da città levantina. Però qui siamo quasi a 4000 metri sul mare!
Poi cammineremo -sempre a piedi- per trecento metri, fino a raggiungere il controllo boliviano a cui consegneremo il modulo d'ingresso ed il passaporto per il timbro di entrata. Dopo di che, prosegue, ci si ritroverà tutti oltre confine e si risalirà sull' autobus. Non dimentica infine di raccomandarci massima attenzione agli oggetti personali, specialmente cellulari e macchine fotografiche. Intanto il pullman si è accodato, fra la polvere che qui pervade tutto, ad una fila di veicoli bardati in modo folkloristico che non manchiamo di notare incuriositi: sembrano andare ad una sfilata di carnevale o ad una festa di compleanno, decorati come sono da "cotillons", festoni, coccarde di carta crespa, collane color arcobaleno, buffi cappellini a cilindro sulla "capote". Chiediamo spiegazioni e veniamo a sapere che a Copacabana, primo paesino boliviano oltre confine, c'è un santuario della Madonna della Candelaria dove, dal confinante Perù, gli automobilisti vanno a far benedire i loro veicoli in occasione dell' annuale festa.
Scendiamo tutti dal pullman e iniziamo le pratiche di controllo passaporti. Tutto si svolge tra i due uffici, il Peruviano e quello Boliviano. E i trecento metri che li dividono -quelli d percorrere a piedi- si rivelano un inaspettato, vero e proprio bazar a cielo aperto. Bancarelle improvvisate offrono ai migranti ogni sorta di cibarie: sacchi di arachidi beige e rossicce, bevande di tutti i colori (troneggia fra tutte la gialla "Inca Kola"), pani di svariate forme, calderoni di "chicharrones", il tutto condito con l'immancabile polverone. Il bello è che qui, al controllo documenti ci si va da soli. Pare molto facile quindi il passaggio clandestino, almeno da ciò che possiamo osservare. Comunque la gente si accoda docilmente davanti ai vari uffici, specialmente di fronte a quello dove si dichiara il proprio autoveicolo (e qui oggi, in attesa di benedizione, ce n'è una quantità).
Finalmente risaliamo sul bus, ma per poco: è programmata la sosta di un'ora nella cittadina lacustre di Copacabana dopo aver trasbordato i bagagli su un bus più piccolo.
Ripartiti, dopo un'ora di viaggio, scendiamo nuovamente. Il pullman, ora vuoto, viene caricato su una piccola chiatta e traghettato alla riva opposta del lago.
Anche noi, intanto, prendiamo posto su un barcone, accanto a signore in gonnellone e bombetta, accompagnate da fagotti variopinti ospitanti teneri bebè. Risaliamo sul pullman e continuiamo il viaggio verso la nostra meta: La Paz, la più alta capitale al mondo. Dopo circa un' ora e mezza, dai finestrini inizia ad offrirsi lo spettacolo di una periferia urbana povera, densa di edifici non terminati, impastati ad altri con facciate kitsch dai colori sgargianti.
Anche noi, intanto, prendiamo posto su un barcone, accanto a signore in gonnellone e bombetta, accompagnate da fagotti variopinti ospitanti teneri bebè. Risaliamo sul pullman e continuiamo il viaggio verso la nostra meta: La Paz, la più alta capitale al mondo. Dopo circa un' ora e mezza, dai finestrini inizia ad offrirsi lo spettacolo di una periferia urbana povera, densa di edifici non terminati, impastati ad altri con facciate kitsch dai colori sgargianti.