Così, resisi indipendenti e distanti dagli scomodi invasori, mantennero la cultura e la lingua proprie, fino a pochi decenni fa. Ora -racconta Wikipedia- passando il tempo e a causa delle unioni miste con gli abitanti della terra ferma, l'etnia Uros originaria si è estinta.
Attualmente sulle isole vive una popolazione di lingua aymara che solo in parte discende dagli Uros.
Ma a noi piace l'idea di andare a trovare gli "Uros" e quindi continueremo a chiamarli così. E capire come si vive su territori flottanti ci intriga parecchio.
Ci imbarchiamo insieme ad altri turisti, quasi tutti peruviani. Allontanandoci lentamente dalla costa, intorno a noi iniziano a scorrere filari di canne verdissime, le "totore" appunto.
L'acqua è blu scuro e si increspa al nostro passaggio. Dev'essere freddissima.
Queste ultime, poi, hanno un aspetto vagamente egizio e vichingo insieme.
Anche da distante notiamo la fattura raffinata che ne esalta le forme tondeggianti e allungate come simpatiche ceste.
Finalmente attracchiamo e scendiamo sulla...terraferma? Eh, no!
Qui di fermo non c'è nulla. Fin dal primo passo il suolo molleggia sotto i piedi come se stessimo camminando su una piattaforma elastica. La sensazione è curiosa e piacevole, così come tutta l'atmosfera intorno a noi. La gente del posto, pronta ad accogliere ogni sbarco, è cordiale. Forse un tantino "fasulla" nello sforzo di compiacere i turisti con quello che ormai è diventato un teatrino didattico per mostrare la vita quotidiana degli Uros, ormai scomparsi.
Ci mostra le "totore" e le loro radici. Tutto è fatto utilizzando questo vegetale: dal combustibile per cucinare al materiale per costruire le case, le imbarcazioni e per le isole stesse.
Ci spiega poi come si costruiscono queste isole. Come ogni dieci anni debbano venire rifatte perchè l'acqua le deteriora, e come siano ancorate al fondale per evitare di ritrovarsi nelle acque boliviane (senza passaporto, scherza). E infine la battuta, da vero guitto della Commedia dell'Arte, sorprendente come un colpo di grancassa: "Abbiamo litigato con il vicino? Nessun problema! Stacchiamo l'isola e la ancoriamo da un'altra parte".
La prospettiva è allettante: quasi quasi ci trasferiamo dagli Uros! E intanto, proviamo a metterci nei loro panni.
Comperiamo anche una stoffa ricamata che illustra, come in un arazzo medievale, i momenti principali della quotidianità di questa gente.
Intanto si è fatta ora di pranzo e la nostra guida locale ci fa salire su un barcone di "totora" diretto all'isola "Hanan Pacha" che lui scherzosamente chiama "la capitale". Pochi minuti e ci siamo. Nell'unico ristorantino ci viene servito un ottimo pesce alla griglia. Adocchiamo una cassetta postale dove è possibile imbucare. E non ci facciamo sfuggire l'occasione di stupire gli amici rimasti in Europa. Una cartolina dalle isole flottanti sul lago Titicaca, non si riceve tutti i giorni!
La giornata tra gli Uros sta per terminare, è ora di riprendere il battello. Ci riporta sulla terra ferma un serissimo capitano di poco più di quindici anni, a occhio e croce.
Dal porticciolo di Puno i turisti e i barcaioli ormai se ne sono andati. Anche noi ci avviamo all'albergo. Nel cuore e negli occhi, però, rimangono i colori dell'arcipelago flottante appena visitato.